In questo romanzo reperti eterogenei, come brani di recensioni teatrali, biografie di personaggi storici, citazioni e reinvenzioni di testi letterari e filosofici, si incastrano in una sapiente collage che non mostra affatto i segni dell'assemblaggio. Anzi, dopo aver apprezzato la capacità mimetica del narratore che di volta in volta si trasforma in critico teatrale, letterato, storiografo, il lettore rimane avvinto dalle vicende intricate e inquietanti del protagonista, un intellettuale polacco emigrato negli USA che insegna storia della letteratura all'università. Kruzoe, questo è il suo nome, è autore di un dramma incentrato sulla figura di Enrico III di Valois che, prima di diventare re di Francia, era stato re di Polonia, per poi morire assassinato per mano di Jacques Clément durante le guerre di religione fra cattolici e protestanti che insanguinarono la Francia nel XVI secolo. Inseguito da misteriose "voci" e presenze, in cui sembrano rivivere i personaggi dell'Enrico III, Kruzoe si trova amaramente a riflettere sull'inutilità della storia, che non può dare né certezze né ammaestramenti: essa "non è neppure maestra di vita, dato che la sua qualità più importante, tanto elogiata dai nostri antenati, e cioè il fatto che essa si ripete, non ha alcun valore pratico a causa dell'impossibilità di trasmettere le esperienze". N