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«O tutte, o nessuno di noi sarà libero». Questo il motto dell’anarca-femminismo. Questa nuova e rivoluzionaria visione vuol dire la liberazione di ogni creatura vivente dallo sfruttamento capitalista e dalla politica androcentrica di dominazione. Un femminismo al passo con i tempi deve essere capace di comprendere e accogliere le lotte e le rivendicazioni del femminismo tradizionale che esige l’uguaglianza per le donne, così come la critica queer, la nozione di genere come dispositivo biopolitico, le battaglie trans che mettono in discussione il dominio cisgender, i sospetti del femminismo nero e decoloniale che vede il femminismo bianco come un femminismo d’élite vinto a spese di corpi razzializzati e infine l’eco-femminismo che capisce che lo sfruttamento della natura va di pari passo con lo sfruttamento delle donne. Il manifesto anarca-femminista riesce in un intento apparentemente impossibile: unire in un unico punto di vista posizioni così poliedriche. Questo è possibile perché anarca-femminismo significa assenza di arché – assenza di un principio unico che spieghi l’oppressione – ed è valido per chiunque appartiene al ‘secondo sesso’ e subisce allo stesso tempo lo sfruttamento del capitale e il dispositivo biopolitico degli Stati, determinati a classificare i nostri corpi per renderli più redditizi: donne trans, donne cis, coloro che hanno generi molteplici, LGBTQI+ e altri. |